BRANO TRATTO DA "CENTO ANNI DI EUROPA" J.JOLL

L'autore descrive e commenta i piani di espansione territoriale di Hitler e la reazione delle democrazie occidentali alla messa in pratica di essi.

 

Adolf Hitler aveva illustrato chiaramente nel Mein Kampf i suoi obiettivi di politica estera, ma, dopo l'ascesa al potere, i governi si mostrarono riluttanti a prendere sul serio i grandi piani di espansione e conquista delineati nel libro. Tali obiettivi andavano ben al di là di quella revisione dei trattati di pace che alla maggioranza degli Europei non sembrava irragionevole: all'ossessione per la questione della razza, che coloriva ogni aspetto del suo programma, Hitler univa infatti l'ostinata rivendicazione di un Lebensraum, uno "spazio vitale" in cui la Germania potesse espandersi, tale da fornire alla razza superiore le materie prime e la manodopera a sostegno del suo dominio sul pianeta.

Ciò significava anzitutto espansione ad est, verso il grano dell'Ucraina, il carbone del Don, il petrolio della Romania e del Caucaso. Significava espansione a spese degli Slavi, che dovevano essere tenuti per sempre in condizione di servitú. Essenziale per la Germania era il controllo degli immensi spazi della Russia, il cui possesso l'avrebbe portata al dominio sia dell'Europa che dell'Asia. Nel periodo che immediatamente seguì l'avvento di Hitler al potere, si poterono, tuttavia, dimenticare alcune preoccupanti dichiarazioni come quella, ad esempio, che definiva "inappetibili" i confini del 1914; una guerra intesa unicamente a ristabilirli, aveva affermato Hitler, non si sarebbe giustificata; solo la conquista di un "vero spazio vitale" avrebbe legittimato "davanti a Dio e ai posteri" un'azione che poteva "mettere in gioco il sangue". Il tono dei discorsi di Hitler sulla politica estera dopo l'ascesa al potere era ben diverso: egli parlava di pace; nel gennaio 1934 firmò un patto di non aggressione con la Polonia, e le stesse infrazioni successive al Trattato di Versailles e la denunzia di quello di Locarno vennero seguite da offerte di una più larga, benché vaga, sistemazione internazionale. Così l'annuncio della riorganizzazione di un'aviazione militare tedesca nel marzo 1935, l'introduzione del servizio militare obbligatorio e la rioccupazione della zona smilitarizzata della Renania nel marzo 1936 suscitarono allarme, ma non produssero alcuna reazione concreta da parte francese e britannica. Finché gli obiettivi tedeschi sembrarono ragionevoli - e a molti Inglesi la rioccupazione della Renania sembrò un ritorno della Germania "nel suo orticello dietro casa" -, Londra e Parigi sperarono che si potessero trovare soluzioni concordate atte a soddisfare le rivendicazioni tedesche, anche se significavano la fine degli accordi che avevano coronato il Trattato di Versailles. Nel novembre 1937 il primo ministro inglese Neville Chamberlain inviò lord Halifax, ministro degli Esteri, a incontrare Hitler nel suo rifugio di montagna sulle Alpi bavaresi, a Berchtesgaden, per tentare di scoprire quali fossero, in realtà, i suoi progetti, per dar corso a quella politica che fu detta di appeasement o "distensione".

Due settimane prima, però, il 5 novembre 1937, il Fúhrer aveva illustrato ai capi delle forze armate gli scopi della politica tedesca e i mezzi per raggiungerli, ed aveva dichiarato che "il problema della Germania poteva risolversi soltanto con la guerra". Guerra che doveva scoppiare nel momento che egli avrebbe giudicato più favorevole: nel 1936 aveva basato i suoi piani di riarmo sull'ipotesi che fossero necessari quattro anni perché esercito ed aviazione fossero pronti; nel frattempo la Germania avrebbe dovuto cercare di ottenere tutti i vantaggi diplomatici possibili. Conscio delle difficoltà che ritardavano la preparazione bellica, con particolare riguardo alla penuria di materie prime, Hitler sapeva di dover combattere una guerra breve: tutti i suoi piani, almeno sino al 1942, si basavano sull'azzardo di un Blitzkrieg, una guerra lampo che permettesse di raggiungere fulmineamente ognuno degli obiettivi prefissati, riportando la vittoria nel giro di poche settimane; per questa guerra non sarebbe stata necessaria una mobilitazione totale dell'economia, richiesta invece da un conflitto prolungato e dall'ipotesi d'un "blocco economico" imposto dal nemico.

In realtà gli eventi si susseguirono più rapidi di quanto Hitler non avesse previsto, e già nel marzo 1938 egli fu in grado di annettersi l'Austria. [ ... ] Ostacolo principale a una simile soluzione era sembrata, nel 1934, l'Italia; ma, dopo la crisi abissina e la rottura con Francia e Inghilterra, Mussolini sembrava pronto a sacrificare Vienna a favore dell'amicizia con Berlino.

Nel febbraio 1938 Hitler convocò il cancelliere austriaco, Kurt von Schuschnigg a Berchtesgaden e gli intimò di includere nel ministero due persone di sua fiducia. Il cancelliere accettò; ma ai primi di marzo, deciso ad affermare l'indipendenza propria e del suo paese, annunziò un plebiscito in cui avrebbe chiesto al popolo di pronunciarsi a favore di "un'Austria libera, tedesca, indipendente, sociale, cristiana e unita": una domanda così generica avrebbe garantito una larga maggioranza di risposte favorevoli. Fu questa iniziativa che forzò la mano a Hitler: per evitare una ritirata umiliante, il 12 marzo 1938 egli "improvvisò" un'invasione e il 14 marzo entrò trionfalmente a Vienna.

L'aggressione all'Austria fu, per Chamberlain e per quanti credevano nella possibilità di soddisfazione concordata delle richieste germaniche, un segno che la politica di appeasement doveva essere perseguita con la maggiore urgenza possibile. A tutti apparve, inoltre, prossima una crisi sulla Cecoslovacchia, ora circondata su tre lati da territorio tedesco, ma legata alla Francia da un solido trattato che obbligava Parigi a correre in sito aiuto in caso di attacco. 1 Tedeschi in Cecoslovacchia, circa tre milioni in tutto, erano concentrati per lo più nell'area dei Sudeti, adiacente al confine con la Germania, una zona dove la crisi economica aveva creato un clima favorevole alla propaganda nazista. Quando venne il momento di attaccare la Cecoslovacchia, Hitler poté presentare le rivendicazioni dei Tedeschi dei Sudeti come una richiesta di legittima autodeterminazione, alla quale era difficile che i liberali e i democratici stranieri potessero in buona coscienza opporsi. Lo Stato cecoslovacco, che vantava un efficiente esercito moderno, era pronto, se necessario, a difendersi, come dimostrò l'ordine di mobilitazione impartito dal governo il 20 maggio 1938, quando corse voce che i Tedeschi stessero preparando l'invasione. Furioso per essere sospettato di qualcosa che non intendeva fare immediatamente, Hitler decise di modificare le direttive impartite ai suoi generali; l'ordine fu trasformato da:

"Non è mia intenzione schiacciare la Cecoslovacchia con un'azione militare nell'immediato futuro", in: " mia irrevocabile decisione schiacciare la Cecoslovacchia nell'immediato futuro con un'azione militare". L'episodio, se da un lato confermò le inquietudini dei Francesi, alleati di Praga, dall'altro parve ribadire la loro speranza che Hitler, dopo tutto, "bluffasse", e che lo si potesse ancora dissuadere dimostrandosi decisi all'azione. Quanto agli Inglesi, ne dedussero che Praga era pronta a rischiare la guerra e a provocare Hitler con la sua intransigenza. Non è mia intenzione schiacciare la Cecoslovacchia con un'azione militare nell'immediato futuro", in: "è mia irrevocabile decisione schiacciare la Cecoslovacchia nell'immediato futuro con un'azione militare". L'episodio, se da un lato confermò le inquietudini dei Francesi, alleati di Praga, dall'altro parve ribadire la loro speranza che Hitler, dopo tutto, "bluflasse", e che lo si potesse ancora dissuadere dimostrandosi decisi all'azione. Quanto agli Inglesi, ne dedussero che Praga era pronta a rischiare la guerra e a provocare Hitler con la sua intransigenza.

Durante l'estate 1938 la pressione sul governo di Praga aumentò: poiché, cedendo alle insistenze degli Alleati, il presidente ceco Edvard Beneg offriva ai Tedeschi dei Sudeti un grado sempre maggiore di autonomia, Hitler disse a Konrad Henlein (leader del cosiddetto "Fronte patriottico tedesco dei Sudeti") di avanzare richieste chieste ancora più ampie. Chamberlain non credeva che Hitler potesse scendere in guerra quando era chiaro che tante delle sue richieste ufficiali potevano essere soddisfatte; per capire cosa avesse esattamente in animo, ottenne un incontro con il Fúhrer il 15 settembre 1938 a Berchtesgaden. Le conversazioni lo incoraggiarono al punto da elaborare un piano di concessione (né più né meno la cessione alla Germania della maggior parte delle aree di lingua tedesca) che Francia e Gran Bretagna avrebbero dovuto far accettare a Praga. Beneg capì di non avere alternative; messo in difficoltà dalle contemporanee rivendicazioni territoriali di Polonia e Ungheria e dalle richieste di maggiore autonomia degli Slovacchi, egli dovette cercare di chiudere il più rapidamente possibile la crisi e di consolidare la Repubblica rinunciando ai suoi concittadini di lingua tedesca pur di ottenere la promessa di una garanzia franco-britannica dei nuovi confini. Ben presto, tuttavia, apparve chiaro che neppure questa soluzione avrebbe soddisfatto Hitler: in un secondo incontro con Chamberlain, svoltosi a Godesberg, in Renania, il Fúhrer insistette non solo per un regolare trasferimento di sovranità dei territorio da cedersi, ma per l'immediata occupazione di esso da parte di truppe tedesche. Per qualche giorno sembrò che la guerra fosse inevitabile e che i Francesi non avessero altra scelta che onorare gli impegni assunti verso Praga.

Comunque, una soluzione che salvava la faccia fu trovata. Mussolini, ansioso di evitare una guerra alla quale l'Italia non era né militarmente né economicamente preparata, e nella quale non poteva sperare di recitare una parte brillante, accettò l'invito inglese di convincere Hitler a rinviare ogni azione in attesa di un ultimo sforzo di Chamberlain per raggiungere una composizione pacifica del conflitto. Il risultato fu l'incontro a Monaco, il 29 settembre, fra Hitler, Mussolini, Chamberlain e il primo ministro francese Daladier. Non intervenne, però, alcun rappresentante della cecoslovacchia che potesse dare un po' più di rispettabilità internazionale alla soddisfazione delle richieste hitleriane. La pace era stata salvata: per quanto umiliante sembrasse per Francia e Gran Bretagna, e disastrosa per la Cecoslovacchia, la politica di Monaco corrispondeva al desiderio dei popoli europei che volevano la pace, quasi ad ogni costo. Tale desiderio di pace, oltre al profondo orrore suscitato dai ricordi della prima guerra mondiale, contribuirono alla decisione del settembre 1938 di abbandonare la Cecoslovacchia al suo destino. La crisi rivelò molte cose circa la natura delle relazioni internazionali in Europa: essa era stata risolta da quattro potenze che avevano imposto la loro decisione a un piccolo Stato. Quanto ai Russi, erano stati ignorati dalle potenze, non erano stati invitati a Monaco, né si era presa nota dei discorsi che il loro ministro degli Esteri, Maksim Litvinov, andava tenendo a Ginevra a favore della sicurezza collettiva e per la creazione di un solido fronte unito contro l'aggressione tedesca.

Il sollievo seguito agli "accordi di Monaco" svanì presto: l'attività dei nazionalisti slovacchi e le richieste ungheresi di ulteriori revisioni dei confini offrirono infatti a Hitler l'occasione di ottenere ciò che non aveva ottenuto sino allora. Il 15 marzo 1939, sfruttando le ormai consuete proteste delle minoranze tedesche e slovacche, Hitler occupò militarmente Praga senza incontrare resistenza. E poiché la crisi era iniziata con la richiesta slovacca di indipendenza, i governi di Londra e Parigi poterono sostenere che l'applicazione del dispositivo di garanzia delle frontiere fosse esclusa in quel caso specifico. La Slovacchia divenne uno Stato indipendente; i Tedeschi instaurarono il "protettorato" sulle province ceche di Boemia e Moravia e le sottoposero al loro diretto dominio; gli Ungheresi occuparono la provincia della Rutenia. Era ormai chiaro che Hitler, dopo aver dimostrato di essere pronto a raggiungere i suoi obiettivi con qualunque mezzo, avrebbe presto proceduto verso la conquista del Lebensraum ad oriente. Ora sembrava certo che la prossima vittima sarebbe stata la Polonia.